LA PAURA DEL SAGGIO (Cronache dell'assassino del re), Rothfuss
Una saga che consiglierei letteralmente a chiunque. Non è necessario che siate lettori di fantasy, basta che apprezziate un'ottima penna, evocativa oltre lo scibile umano, una storia avvincente ed estremamente coinvolgente, e un personaggio in continua crescita ed evoluzione. Ecco, se amate questa cosa, e se in generale siete amanti delle belle storie (ma belle davvero), questa saga non potete perdervela.
Si, c'è questo piccolo dettaglio che dovrebbe essere una trilogia e che al momento abbiamo solo due libri; e che il secondo è stato pubblicato ben 12 anni fa e al momento ancora non si hanno notizie certe sulla pubblicazione del terzo. Ma recentemente ho appreso una buona nuova: a novembre è prevista l'uscita di uno spin off auto conclusivo della saga dedicato alla vita di Bast, dal titolo "The narrow road between desires". Almeno una piccola gioia. E per chi non lo sapesse già è in commercio da anni un'altra novella spin off incentrata sul personaggio di Auri. dal titolo The slow regard of silente things. Quest'ultima esiste anche già tradotta in italiano con il titolo "Lo sguardo lento delle cose mute". Devo ancora leggerla ma la posseggo già e, ovviamente, la recupererò il prima possibile; manco da dire.
Ma parliamo un po' di questo secondo volume. Un altro enorme capolavoro di scrittura, di narrazione, di storia. In questa recensione non ci saranno spoiler né di questo volume né del precedente, quindi tranquilli.
Riprendo brevemente la struttura della narrazione della saga per chiarezza; Il primo libro, Il nome del vento, si apriva con Kote, proprietario di una locanda, La pietra miliare. L'uomo, dopo anni di silenzio e segreti, si convince a raccontare la storia di Kvothe, l'uomo che era una volta. L'uomo su cui si sono create miriadi di leggende, alcune che lui stesso ha contribuito a far nascere; leggende con una parte di verità ma costellate negli anni di moltissime infiocchetature e abbellimenti. Una storia da cui Kote sta evidentemente cercando di scappare.
Dopo questa introduzione con un narratore in terza persona, si apre il racconto in prima persona di Kvothe. Mentre racconta la sua storia a Cronista e a Bast (il suo assistente), la racconta anche a noi.
Nel primo libro la narrazione parte dalla sua più tenera infanzia, quando faceva parte di una compagnia di girovaghi, gli Edema Ruh. Dopo l'incontro con i Chandrian, una famiglia di creature soprannaturali che tutti ritengono essere meno che una favola, Kvothe si ritrova orfano e solo al mondo. Da lì parte la sua sopravvivenza nella più completa povertà tra le strade e i vicoli di città che non lo desiderano, fino alla sua ammissione all'Accademia. Il primo libro si chiudeva, dopo diversi eventi, con la conclusione della prima giornata di narrazione.
Questo secondo libro dunque si apre alla mattina del giorno dopo, quando Kvothe e i suoi due fidi ascoltatori riprendono la storia da dove si era interrotta.
Ne La paura del saggio, il racconto si apre nuovamente all'Accademia; seguiamo un giovane Kvothe con i suoi problemi di denaro, con la sua disperata infatuazione per Denna, con i suoi alterchi con alcuni docenti e con Ambrose. Ma dopo circa metà volume, anche l'ambientazione cambia, Per certi versi questo libro è più dinamico del precedente, anche se ugualmente familiare ed accogliente. Conosciamo dei nuovi personaggi, una nuova civiltà, persino una nuova religione ed una nuova lingua (in cui le espressioni facciali sono sostituite da gesti manuali). Ci troviamo faccia a faccia con creature più vecchie del mondo, impariamo a combattere e proviamo nuove totalizzanti esperienze. Seguiamo Kvothe nella sua crescita, nella sua evoluzione, pagina dopo pagina.
La bellezza più sorprendente di questa saga, secondo me, è proprio il modo in cui riesce e coinvolgerti nella storia quotidiana di questo giovane ragazzo sfortunato che si crea da sé le sue fortune. Rothfuss non si limita a parlarci di cosa accade a Kvothe, ma anche di ciò che lui pensa, di ciò che lui prova, di ciò che desidera e spera. Ci troviamo a combattere contro la povertà, a provare l'ansia di non avere il denaro sufficiente per pagare la tassa di ammissione al prossimo bimestre dell'Accademia, o per comprare un nuovo mantello o una custodia per il preziosissimo liuto.
Rothfuss è capace di dedicare un'intero capitolo (di più di 10 pagine) ad un trattato di filosofia su un concetto inventato da lui, che riprende poeticamente la ragion pura di Kant; e non ti fa pesare nessuna riga, nessuna parola. Ti ritrovi alla fine del capitolo arricchito, spossato, estasiato, senza nemmeno rendertene conto. Rothfuss è quello che ha inventato una nuova grammatica per una lingua inventata, che (al momento almeno) non ha neppure avuto applicazione pratica nella storia; lo fa solo perché può.
Leggendo la saga di Le cronache dell'assassino del re (ancora fremo da morire per scoprire il reale significato di questo titolo, ve lo giuro) si ha proprio l'impressione di entrare con entrambi i piedi in un mondo nuovo. Quando leggi, non stai leggendo: stai studiando onomanzia all'Accademia, stai discutendo con Denna alla locanda, stai viaggiando affamato ed assetato nei boschi perigliosi. Tu diventi Kvothe, e ti piace. E non vuoi più tornare indietro. Più che con qualunque altro libro io abbia mai letto, questo (e il volume precedente) mi ha fatto provare una terribile sensanzione di solitudine e di vuoto dopo aver girato l'ultima pagina. Mi sono sentita come se una parte di me se ne fosse andata, come se avessi perduto qualcosa, o qualcuno. E non oso immaginare come sarà quando chiuderò per sempre il terzo ed ultimo volume (perché si, nonostante tutto ho ancora la speranza di leggerlo, prima o poi).
Questo finale è stato da una parte dolcissimo, dall'altra spiazzante. E l'idea di non avere una data da aspettare per sapere come andrà a finire mi sta distruggendo. Abbiamo rivisto vecchi personaggi, abbiamo risolto vecchi problemi, abbiamo trovato forse una certa stabilità. Ma nel frattempo nuovi dubbi si sono insinuati, nuove problematiche minacciano la calma e la pace di Kote.
Quindi, Rothfuss, mi rivolgo direttamente a te: ti prego, appena riesci, appena puoi, smollaci sto terzo volume. Ti scongiuriamo. Non fare amicizia con Martin, torna a casa tua e scrivi, per favoreeee.
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