LA SETTIMANA BIANCA, EMMANUEL CARRERE
Emmanuel Carrère. Lui. L'uomo della psiche, l'uomo del crimine psicologico.
Dell'autore avevo già letto tempo fa "L'avversario", la storia di un uomo che dopo aver passato anni a mentire a proposito dei suoi studi e della sua professione, decide di farla finita uccidendo la sua famiglia. Una storia terribile ma vera, che Carrère va a sviscerare spiegandoci, senza risultare mai pesante o noioso, il funzionamento della psiche umana quando è instabile e sottoposta a stress eccessivi. Un libro che avevo adorato, e che mi aveva spinto a comprare altro dell'autore.
E così arriviamo a "La settimana bianca". Un'opera diversa dalla precedente; uno dei pochi libri scritti da Carrère interamente fittizi, che non partono da un reale caso di cronaca. Ma non per questo l'aspetto psicologico viene messo da parte, anzi.
Nicolas è un bambino con evidenti problemi sociali. Sopraffatto dall'eccessivo controllo dei suoi genitori, trova sfogo nel suo libro preferito, che racconta storie spaventose. E queste storie, Nicolas, le ingloba e si trova spesso a fingere che cose orribili possano capitare anche nella sua vita.
Così, quando i suoi insegnanti provano a contattare suo padre (perché dopo averlo accompagnato, si era scordato di lasciare allo Chalet la valigia del figlio, lasciandolo così senza niente), ma lui dopo diversi tentativi continua a non rispondere, viene automatico al bambino credere che il genitore sia stato coinvolto in un incidente mortale; crede che presto giungerà una chiamata, con la quale gli comunicheranno che è rimasto orfano.
Fino a che un reale caso di cronaca nera scuote la serenità della gita. La vita vera sembra andare in direzione delle fantasie di Nicolas. Il bambino riesce anche, in uno di questi suoi voli pindarici, a coinvolgere un suo compagno di classe, quello più grosso, che tutti temono e rispettano. Insieme, viaggeranno con la fantasia cercando di risolvere il mistero.
Ma a questo punto, oramai, è difficile distinguere le frottole di Nicolas dagli avvenimento reali. Il lettore viene stravolto dalle informazioni, senza sapere più se sono veritiere o frutto della fantasia di un bambino.
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Un libro che ho davvero bevuto in un sorso. Breve, ma estremamente intenso. Fin dalle prime pagine si percepisce un alone di mistero e di inquietudine, che non fa che acuirsi con l'avanzare della lettura.
L'unica pecca secondo me è il finale. Da amante delle conclusioni dolci-amare, ho trovato però questo eccessivamente aperto. Svoltata l'ultima pagina mi sono trovata interdetta pensando "No, aspetta; Tutto qui?". Ma sicuramente può darsi che sia un limite mio, che non sono riuscita ad apprezzare a pieno questa suspense conclusiva.
In ogni caso, per me è un libro consigliatissimo. Carrère sa fare il suo lavoro, nessuno può affermare il contrario.
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