NINFEE NERE: UN THRILLER P-E-R-F-E-T-T-O

 




È giunto il momento di parlarvi della mia lettura preferita del 2020. Si, lo so, “è passato del tempo” direte. Ed è vero, ma quanto un libro ti resta così tanto nel cuore, avresti voglia di parlarne per sempre.

Sono sempre stata appassionata di thriller e gialli, c’è stato un periodo della mia vita in cui praticamente leggevo solo questi generi. Ma, a mia memoria, non ricordo di aver mai letto un libro così sorprendente. Vi dico solo che, alla fine, ero talmente sconvolta dalle rivelazioni che ero scoppiata a piangere dalla gioia (si vabbè io sono un caso patologico, talmente sono emotiva. Ma vi giuro che è una bomba).

Comunque andiamo per ordine:


LA TRAMA

Ci troviamo a Giverny, un piccolo paese francese situato in Normandia, famoso ai più per essere stato la casa e la tomba del più grande pittore impressionista di sempre: Claude Monet.

Qui, giunge l’ispettore Sérénac per investigare su una serie di morti sospette che sta minando l’usuale quiete della zona. La sua indagine andrà a mescolarsi alle vite di due donne ed una bambina: tramite i punti di vista delle tre, si svolgerà la storia andando poco a poco a svelare nuovi intriganti dettagli e succosi colpi di scena, legati non solo agli omicidi ma anche alla sparizione di alcuni dipinti del famoso pittore, tra cui anche Ninfee nere, che da il titolo al romanzo. 





Sono sempre stata un’appassionata di arte e devo dire che l’impressionismo è una delle mie correnti artistiche preferite; quando avevo dunque scoperto questo libro, il mio interesse era stato fin da subito risvegliato. Ma mai e poi mai avrei potuto aspettarmi tutto quello che è successo nel romanzo.



L’arte c’è ed è protagonista, si; tramite i dipinti scomparsi e il modo in cui è legata, in misura e qualità differente, a tutti i personaggi del libro. Ma c’è anche molto altro.

In poco meno di 400 pagine si viene catapultati in un mondo nuovo: mentre leggevo ricordo che mi sembrava di sentire il rumore del ruscello, la brezza tra i capelli e, ahimè, i rumori del traffico. Mi ero affezionata ad ogni personaggio in modo incredibile.

La fine, che dire, LA FINE. Non esagero quando dico che ho avuto la pelle d’oca scoprendo la soluzione della storia. Quando l’intreccio inizia a dipanarsi, poco a poco si capiscono alcune cose e si viene stupiti da alcuni bellissimi colpi di scena, ma niente è paragonabile alla sensazione di totale stordimento da cui si viene travolti nelle ultime pagine. E la cosa migliore è che poi, ripensando a quanto letto fino a quel momento, tutto torna: niente viene lasciato a caso, nessun dettaglio risulta fuori posto. Un thriller mozzafiato, una storia incredibile.

Bussi sa scrivere, c’è poco da fare. E lo fa magistralmente. Anche se devo dire che da allora ho letto altri due libri dell’autore e nessuno è stato al livello di Ninfee nere. Sia “Usciti di Senna” sia “Non lasciare la mia mano” sono due bellissimi romanzi investigativi molto godibili e che trascinano nella storia. Ma purtroppo avere letto Ninfee Nere per primo, credo sia stato uno svantaggio per me perché è difficile poi trovare qualcosa che sia all’altezza di questo CAPOLAVORO. 


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